Come ogni anno oggi ho effettuato quello che definisco pellegrinaggio laico nei luoghi della Grande Guerra: Sass di Stria, Lagazuoi, Forte dei Sass, Col di Lana.
Posti inusuali ai più di una guerra combattuta 100 anni fa dai nostri avi (nel mio caso mio nonno, Luciano).
Visitare gallerie e trincee dove uomini come noi hanno combattuto a -25 gradi con nove metri di neve, dove tanti morti fece il gelo quanto la guerra, dove avanzare contro il nemico voleva dire rischiare di morire e non avanzare pure, è sempre toccante per me.
Quella fu la guerra degli uomini comuni, come mio nonno, contadino, una guerra di tanti altri che non sapevano per cosa combattevano, ma servivano una Patria che poi avrebbero riconosciuta ingrata.
Pochi sanno che tra queste valli nemici tra un assalto e l'altro si scambiavano cibo (gli italiani per gli austriaci) con tabacco (gli austriaci per gli italiani), quasi a confermare che la guerra non è affare di chi la combatte, ma gioco strategico di chi "la guida". Molte volte nelle vallate del cadore uno di fronte all'altro si trovavano parenti e amici, tra le trincee ci si scambiava messaggi reciproci da spedire ai parenti a casa che per un gioco del destino potevano trovarsi da una parte o dall'altra di un confine, traccia nera su una mappa militare.
Ma dovevano combattersi... per un ideale lontano e sconosciuto.
Quella guerra tra le montagne dell'alto adige e del veneto non ebbe vinti.
Nel 1917 il fronte venne smobilitato senza una battaglia decisiva. Il fronte venne semplicemente smobilitato in quanto quel fronte non aveva più "importanza strategica".
Quella guerra ebbe solo perdenti.
Persero le migliaia di morti, e i famigliari rimasti a casa. Persero tutti...e nulla fu consolazione per la conquista di quelle cime e di quelle terre.
Se fossi un maestro porterei i bimbi in visita ogni anno fa queste parti, a leggere la storia dalle foto della fatica di una guerra di umili voluta da una generazione di nobili che stava scomparendo, a vedere dove vennero issati cannoni, dove dovettero vivere i nostri avi per una guerra assurda.
Da quella guerra venne il fascismo (in germania il nazismo), un Italia che si illudeva di essere grande, venne un'altra guerra, la vera guerra mondiale.
Di questa guerra si ricordano gli eroi delle retrovie, i generali, e non gli eroi umili sotto nutriti con gli alluci amputati dal gelo.
Di questa guerra rimane tuttora il distacco tra la gente e chi li manipola, un distacco forte, senza punti di contatto, senza elementi in comune.
Di questa guerra rimane l'insegnamento che le guerre sono inutili, ma non ci sono più i maestri che lo insegnano partendo da qui. Di questa guerra rimangono le orde di ferragostani che vivono le trincee come l'ennesimo gioco, l'ennesimo scherzo di una natura lontana e non loro, di questa guerra rimane l'assenza di quei posti che la retorica definì "sacri alla patria" che sono sacri, ma non alla patria, sacri altari dei santi laici che in tutto il mondo sono morti in guerre assurde e senza senso.
All'inizio di questa guerra mio nonno aveva solo 16 anni e fu arruolato e mandato sul Carso. Era ne Genio e faceva brillare le mine per scavare le trincee negli avamposti sotto il fuoco delle artiglierie austriache ed italiane. Spesso capitava che i nostri soldati morissero a causa del cosiddetto "fuoco amico" che avrebbe dovuto proteggerli. Lui fortunatamente riusci a portare a casa la pelle e quando ero piccolo mi portava a vedere i luoghi che erano state il teatro di questa idiozia.
RispondiEliminaDovrebbero ricordare tutti...
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