venerdì 30 agosto 2013

La guerra è questo - da una lettera di un soldato del 1916

«Ma fra di me tengo una cosa che non mi dimenticherò più: giorni indietro proprio a me e sei dei miei compagni mie toccato andare a fucilare uno della nostra compagnia; devi sapere che cuesto cui cuando eravamo sul Podigara, si era lontanato dalla compagnia due volte proprio in cuci giorni che bisognava avansare, poverino si vede che non aveva proprio coraggio, e per cuesto a avuto la fucilazione al petto; lanno fatto sedere su di una pietra e la è bisognato spararci per forsa perché dietro di noi cera la mitragliatrice, e poi siè comandati non bisogna rifiutarsi, ma per questo io son molto dispiaciuto ben che ne ò visti tanti di morti, ma così mi ha fatto senso e letà di 34 anni... bisogna anche esere asasini».


sabato 17 agosto 2013

Pellegrinaggi laici


Come ogni anno oggi ho effettuato quello che definisco pellegrinaggio laico nei luoghi della Grande Guerra: Sass di Stria, Lagazuoi, Forte dei Sass, Col di Lana. 
Posti inusuali ai più di una guerra combattuta 100 anni fa dai nostri avi (nel mio caso mio nonno, Luciano).
Visitare gallerie e trincee dove uomini come noi hanno combattuto a -25 gradi con nove metri di neve, dove tanti morti fece il gelo quanto la guerra, dove avanzare contro il nemico voleva dire rischiare di morire e non avanzare pure, è sempre toccante per me. 
Quella fu la guerra degli uomini comuni, come mio nonno, contadino, una guerra di tanti altri che non sapevano per cosa combattevano, ma servivano una Patria che poi avrebbero riconosciuta ingrata. 
Pochi sanno che tra queste valli nemici tra un assalto e l'altro si scambiavano cibo (gli italiani per gli austriaci) con tabacco (gli austriaci per gli italiani), quasi a confermare che la guerra non è affare di chi la combatte, ma gioco strategico di chi "la guida". Molte volte nelle vallate del cadore uno di fronte all'altro si trovavano parenti e amici, tra le trincee ci si scambiava messaggi reciproci da spedire ai parenti a casa che per un gioco del destino potevano trovarsi da una parte o dall'altra di un confine, traccia nera su una mappa militare. 

Ma dovevano combattersi... per un ideale lontano e sconosciuto.

Quella guerra tra le montagne dell'alto adige e del veneto non ebbe vinti. 

Nel 1917 il fronte venne smobilitato senza una battaglia decisiva. Il fronte venne semplicemente smobilitato in quanto quel fronte non aveva più "importanza strategica". 

Quella guerra ebbe solo perdenti. 

Persero le migliaia di morti, e i famigliari rimasti a casa. Persero tutti...e nulla fu consolazione per la conquista di quelle cime e di quelle terre.

Se fossi un maestro porterei i bimbi in visita ogni anno fa queste parti, a leggere la storia dalle foto della fatica di una guerra di umili voluta da una generazione di nobili che stava scomparendo, a vedere dove vennero issati cannoni, dove dovettero vivere i nostri avi per una guerra assurda.

Da quella guerra venne il fascismo (in germania il nazismo), un Italia che si illudeva di essere grande, venne un'altra guerra, la vera guerra mondiale. 
Di questa guerra si ricordano gli eroi delle retrovie, i generali, e non gli eroi umili sotto nutriti con gli alluci amputati dal gelo. 
Di questa guerra rimane tuttora il distacco tra la gente e chi li manipola, un distacco forte, senza punti di contatto, senza elementi in comune. 

Di questa guerra rimane l'insegnamento che le guerre sono inutili, ma non ci sono più i maestri che lo insegnano partendo da qui. Di questa guerra rimangono le orde di ferragostani che vivono le trincee come l'ennesimo gioco, l'ennesimo scherzo di una natura lontana e non loro, di questa guerra rimane l'assenza di quei posti che la retorica definì "sacri alla patria" che sono sacri, ma non alla patria, sacri altari dei santi laici che in tutto il mondo sono morti in guerre assurde e senza senso.

domenica 4 agosto 2013

Anna Marchesini, grande scrittrice


Respiravo profondamente l’aria della sera, si trascinava dietro un tiepido profumo di gerani, mi assalì il timore che tutto sarebbe rimasto identico e immutabile come quei vasi indifferenti, nulla era certo – mi dissi – ero stanca, quel difficile esercizio di equilibrio, in bilico tra l’infanzia, il presente e il futuro remoto, aveva incredibilmente moltiplicato il tempo; per la prima volta erano davvero esistiti istanti gemelli trascorsi a braccetto, lontani tra loro nel tempo; era stato un piccolo impossibile miracolo, mi colse una breve vertigine, in quella inviolata solitudine, fu come se l’universo dentro di me avesse fatto una capriola e adesso si fosse capovolto, messo a testa in giù, mi piaceva tanto.
Ecco – mi dissi – questo preciso attimo, è gioia. Il silenzio là fuori era così dolce che mi pareva di sentirne il canto; da qualche parte avevo letto che tutto è armonia se solo riusciamo a sentirla, così rimasi in ascolto ed ebbi cura di muovermi, senza spostarlo. Il Silenzio.
IL TERRAZZINO DEI GERANI TIMIDI* – A.Marchesini