mercoledì 28 marzo 2012

All along the wachtower



A chi cerca la luce in fondo al tunnel...






"Dev' esserci una via d'uscita",
Disse il giullare al ladro,
"C'è troppa confusione,
Non riesco a trovare sollievo.
Uomini d'affari bevono il mio vino,
Contadini scavano la mia terra,
Nessuno di loro lungo il confine
Sa quale sia il valore di ciò"

"Non c'è motivo di allarmarsi",
Disse il ladro gentilmente
"Ci sono molti qui tra di noi
Che pensano che la vita sia solo un gioco.
Ma tu ed io sappiamo tutto ciò
E non è questo il nostro destino,
Perciò, basta parlare in maniera falsa adesso,
L'ora è tarda."

Lungo le torri di guardia,
Prìncipi osservavano
Mentre tutte le donne andavano e venivano
Anche i servitori scalzi. 
Testo trovato su http://www.testitradotti.it
 
Fuori, in lontananza,
Un puma ringhiò,
Due cavalieri si stavano avvicinando,
Il vento cominciò ad ululare.

domenica 25 marzo 2012

A quelli che si sentono oggi delle pietre che rotolano senza direzione







mercoledì 21 marzo 2012

Delusioni

Le delusioni...sono parte integrante della nostra vita...sono li..dietro l'angolo..quando mai te lo aspetti ti si presentano davanti...ma non sono negative...ti aiutano nelle riflessioni ed affrontare e vedere le cose con occhi diversi ..valutando attentamente ogni comportamento..ogni gesto..ogni singola persona....

lunedì 12 marzo 2012

La Crisi

Gli USA (dati disponibili ovunque, basta cercare in Google) hanno un debito pubblico pari al 98% del PIL.


Le stime danno un debito al 104% a fine 2012.

Il deficit americano è del 7% rispetto al PIL (stima per il 2012) , rispetto al 9,32% del 2011. Ciò vuol dire che il debito aumenta ogni anno vertiginosamente.
Chi detiene il debito USA? Tutti.

Facciamo i conti: il PIL USA è 14 Trilioni di dollari (sembro Paperon de' Paperoni), come il PIL di Italia, Francia, Cina, Germania messi insieme.

Va da se che il debito USA (104% del PIL, ripeto) rappresenta sostanzialmente il 50% (anche qui, divertitevi a fare due conti...), del debito mondiale.
Tutti hanno una fetta del debito USA, dalla Cina, alle nazioni produttrici di petrolio, all'Europa....
Classificazione del debito USA per le maggiori agenzie di ratings? AAA
La scommessa è quella di chi sa che se salta il debito USA salta il sistema economico mondiale: mi sembra centrata l'immagine di chi ha detto che gli USA sono una nazione che sta giocando alla roulette, ad ogni giro raddoppia la puntata, aspettando che le vada bene....
E intanto il debito aumenta.

Il debito greco quanto contava rispetto alla spesa USA in armamenti?

La Grecia ha incominciato una battaglia per riportare in attivo il saldo primario dell'economia; gli USA si stanno permettenti, con un PIL che è 4 volte il PIL della Germania e 50 volte quello della Grecia un deficit del 7%.

Mah

mercoledì 7 marzo 2012

Principio di Peter

Visto il record di lettori sul manager di qualche settimana fa, un'altro spunto: il Principio di Peters:


In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello d'incompetenza.


Corollari:

  1. Col tempo, ogni posizione tende ad essere occupata da un membro che è incompetente a svolgere quel lavoro.
  2. Il lavoro viene svolto da quei membri che non hanno ancora raggiunto il proprio livello d'incompetenza.

Tratto dalle Leggi di Murphy. 


Il Principio di Peters è alla base di una moderna teoria di gestione delle risorse umane che sostiene che una politica di promozione manageriale casuale possa essere per assurdo più efficace per un'azienda rispetto alla politica meritocratica che rischia appunto di incappare nel Principio di Peters appunto. La teoria di promozione casuale è associata a una politica di incentivazione economica delle competenze specifiche. 
Ecco un articolo (serio) sull'argomento.

giovedì 1 marzo 2012

Canto V




 Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.
      Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
      Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
      vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
      Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.
      «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,
      «guarda com’entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!».
E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?
      Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
      Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.
      Io venni in loco d’ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
      La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
      Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.
      Intesi ch’a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.
      E come li stornei ne portan l’ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
      di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
      E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’io venir, traendo guai,
      ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l’aura nera sì gastiga?».
      «La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
      A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per t•rre il biasmo in che era condotta.
      Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.
      L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussuriosa.
      Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.
      Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch’amor di nostra vita dipartille.
      Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
      I’ cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».
      Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».
      Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!».
      Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere dal voler portate;
      cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettuoso grido.
      «O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
      se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso.
      Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ’l vento, come fa, ci tace.
      Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.
      Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
      Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
      Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.
      Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».
      Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».
      Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
      Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
      E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
      Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
      Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
       Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
       Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
      la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
      Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
      E caddi come corpo morto cade.